Zürcher Nachrichten - I 90 anni di Lisa Gastoni, da Samperi a Ozpetek

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I 90 anni di Lisa Gastoni, da Samperi a Ozpetek
I 90 anni di Lisa Gastoni, da Samperi a Ozpetek

I 90 anni di Lisa Gastoni, da Samperi a Ozpetek

Una carriera folgorante con tanti no, poi volto della fiction

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(di Giorgio Gosetti) Dopo il fortunato debutto teatrale nel 1979 con "La Celestina" di Fernando de Rojas e la regia di Luigi Squarzina, Lisa Gastoni (vero nome Elisabetta Gastone) si era ritirata dalle scene e il suo nome era pian piano scomparso dalle cronache e dai talenti proposti a registi e produttori. Appassionata di pittura e scrittrice di talento (ma il suo più bel libro, in parte autobiografico, "La madre di Taron" è arrivato solo nel 1995), ancora bellissima, rimette piede su un set nel 2005 dopo l'insistente corteggiamento artistico di Ferzan Ozpetek per "Cuore sacro". Da allora non si è più fermata con altri quattro film e cinque storie per la tv, da "La provinciale" all'ultima stagione de "L'onore e il rispetto" nel 2017. Oggi Lisa Gastoni compie 90 anni, ha detto addio al marito, il celebre avvocato penalista Claudio Isgrò, quattro anni fa, è stata al centro di una squallida truffa intentata dai vicini di casa, lascia svanire nella memoria i ricordi di una carriera folgorante e fin troppo breve tra Inghilterra e Italia. "Ho cancellato il passato - ha detto una volta - perché nella vita devi viaggiare leggero e se torni indietro non combini più niente". Nata ad Alassio il 28 luglio 1935 da una buona famiglia di albergatori, adora il padre, un antifascista silenzioso con l'animo del poeta e segue la madre, una aristocratica gentildonna irlandese che la porta a Londra alla fine della guerra. Nel cinema finisce quasi per caso, dopo aver posato come fotomodella, debuttando in un piccolo ruolo a fianco di Dirk Bogarde e Akim Tamiroff nel bellico "Operazione commandos" di Lewis Milestone (1954). Ma al cinema crede poco, nonostante compaia in ben 22 film con registi di qualità come Val Guest e Ken Annakin (i suoi preferiti) o Jack Cardiff e Lance Confort, specializzato in B-Movies nella stagione di Michael Powell e David Lean. Anche l'arrivo a Cinecittà è in fondo casuale. La sua intensa bellezza mediterranea, gli occhi verdissimi, la statura che modella forme mediterranee la portano sui set della Hollywood sul Tevere e dei film in costume allora in voga. Dopo "Le avventure di Mary Read" con Umberto Lenzi (1961), passa da un set all'altro, sempre regina o principessa, innamorata o maliarda. Potrebbe cambiare immagine quando Joseph Losey ("un vero gentiluomo, ma fin troppo riservato") la sceglie per "Eva" nel 1962, ma invece continua nel cinema di genere finché Sergio Corbucci le offre il ruolo di Lucrezia Borgia in "L'uomo che ride". Nello stesso 1966 Carlo Lizzani ("che mi piaceva, ma siamo sempre stati solo amici, fino alla fine") la chiama per la compagna del "solista del mitra" Luciano Lutring in "Svegliati e uccidi". È una vera svolta anche se tutti dicono che "la Gastoni" è seconda solo a Lea Massari per rifiutare tutti i ruoli che potrebbe avere. Così rinuncia a lavorare con Antonioni, ma in compenso accetta il piccolo film di un debuttante. È "Grazie zia" di Salvatore Samperi in cui seduce il timido Lou Castel. Il film fa scandalo, diventa un clamoroso successo. È il 1968 e Lisa Gastoni vincerebbe la Palma d'oro come migliore attrice a Cannes se la giuria non si dimettesse in blocco con il festival chiuso anzitempo sotto i colpi della contestazione. Proprio quel ruolo spinge i produttori a offrirle parti spesso simili: una signora bellissima e più adulta attratta dai ragazzi, un'etichetta che le andrà sempre stretta. Tuttavia i film di qualità non mancano: "I sette fratelli Cervi" di Gianni Puccini, "L'amica" di Alberto Lattuada, "Maddalena" di Jerzy Kawalerowicz, "Amore amaro" di Florestano Vancini. In mezzo un nuovo incontro con Carlo Lizzani che le offre una delle interpretazioni più intense, Claretta Petacci in "Mussolini, ultimo atto" con Rod Steiger. Cinque anni dopo la decisione di abbandonare tutto. In un'intervista, a proposito della sua carriera, ha detto: "Non mi sono mai rivista, non me ne è mai fregato niente. Quando chiudo, chiudo. Mi sono riconosciuta un'unica volta, ne 'I diafanoidi vengono da Marte', un folle film di Antonio Margheriti. Scendevo da un accrocco con la carta stagnola in testa e il volto coperto. Dissi a mio marito: 'Sono proprio io'". Oggi noi diciamo ancora "Grazie Lisa".

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A.P.Huber--NZN